Come cambiano le modalità di divulgazione e comunicazione scientifica in questo periodo di pandemia da COVID-19 ? La mia intervista per la Cité des Sciences et de l’Industrie di Parigi.
Durante questo periodo di crisi mondiale e lockdown l’Ecole de la médiation (il centro di formazione alla comunicazione scientifica della città della scienza di Parigi) ha realizzato una serie di interviste in diretta su Twitter. Le persone intervistate erano esperte di comunicazione scientifica in senso lato: comunicazione istituzionale, divulgazione, giornalismo, eccetera.
Sono stata contattata per riaccontare la mia esperienza su come ho riorganizzato il mio lavoro e come ho comunicato con il pubblico in questo periodo. Ecco la trascrizione del mio intervento.
Puoi presentarti? Nome, posizione, stato, struttura o qualsiasi altra informazione che ti sembri importante.
Mi chiamo Annalisa Plaitano, sono laureata in biologia e lavoro nel settore della comunicazione e della cultura scientifica da una ventina di anni. Sono divulgatrice e giornalista scientifica e da qualche anno lavoro come freelance. Inoltre insegno la comunicazione scientifica agli studenti dell’Università della Sorbona di Parigi e organizzo formazioni alla comunicazione scientifica per dottorandi e ricercatori di diverse università francesi o nel settore privato.
Secondo te, qual è il ruolo della cultura scientifica durante una crisi come quella che stiamo vivendo? È più importante in questo momento particolare?
Penso che la cultura scientifica abbia almeno due ruoli: il primo è comunicare in modo efficace, non solo chiaro e comprensibile, ma anche appropriato. In questo momento, ad esempio, l’attenzione deve essere alta. Da un lato il rigore scientifico di chi decide di parlare del nuovo Coronavirus deve essere ancora più forte. Da un altro lato questa comunicazione deve essere effettuata con tatto ed empatia, riflettendo attentamente su come il pubblico può percepire il nostro messaggio. Inoltre chi decide di comunicare sul Covid-19 (così come su altri argomenti sensibili) non dovrebbe improvvisare, ma prendere in considerazione gli studi sulla comunicazione del rischio (un esempio qui) o ispirarsi agli esperti.
Il secondo ruolo della cultura scientifica è quello di intrattenere, distrarre, continuare – nonostante tutto – a offrire contenuti culturali. Io non ho particolari competenze in virologia o epidemiologia e la medicina non è un argomento che tratto di solito. Non è sempre necessario parlare di un argomento: se non si è in grado, meglio evitare. Quindi, sapendo che tramite il mio blog e i diversi social network ho qualche migliaio di persone che mi seguono, ho deciso di non parlare pubblicamente di questa pandemia. La vita deve continuare e trovo che ci sia bisogno di momenti culturali, di cibo per lo spirito e di relax. Io ho preferito occuparmi di questo secondo aspetto.
Cosa è cambiato nel tuo modo di lavorare? A livello dell’organizzazione del lavoro, del ritmo, delle tematiche, del rapporto con il pubblico o i colleghi…
A parte il mio lavoro di giornalista, che non è cambiato, tutti gli altri progetti di animazioni scientifiche, conferenze e corsi di formazione sono stati cancellati per ora. Spero che saranno solo posticipati, non solo perché mi piacevano, ma anche perché costituivano il mio stipendio… bisogna anche considerare questo aspetto! Ma mi sto già riorganizzando. Ad esempio sto acquisendo nuove competenze, soprattutto tecniche, per utilizzare nuovi software e applicazioni per continuare a svolgere il lavoro da casa mia. Posso già anticipare che sto organizzando un corso di formazione online.
Dal punto di vista delle relazioni professionali non mi sento isolata. Con alcuni colleghi abbiamo già pensato di organizzarci per lanciare insieme nuove sfide. Inoltre alcuni clienti hanno chiesto la mia disponibilità per lavorare a distanza.
Ho anche leggermente cambiato il mio modo di comunicare sui social. Ho cercato di non esprimere troppo le mie paure e le mie ansie personali. Ad esempio su Instagram avevo pubblicato un video del metró pieno zeppo che purtroppo ho dovuto prendere per andare all’ultima conferenza che ho tenuto. Volevo far vedere che qui in Francia eravamo in ritardo rispetto al lockdown di altri paesi. Ma ci ho ripensato subito e ho deciso di eliminare il video. Mi sono persino scusata con la mia comunità. Ho spiegato che non volevo appesantire una comunicazione già pesante e che quindi avevo deciso di pubblicare solo cose piacevoli e messaggi di speranza. Ho iniziato a parlare di cose positive e ho invitato i miei follower a fare lo stesso. Credo che abbiano hanno apprezzato: alcuni mi hanno scritto che questa cosa li aveva aiutati.
Racconta un’azione di divulgazione che hai messo in atto in questo periodo di crisi e di lockdown
Sono molto orgogliosa di aver partecipato a un progetto ideato dall’associazione Multiversi e costruito collettivamente dalla comunità di divulgatori scientifici italiani. Partendo dal presupposto che un divulgatore scientifico ha difficoltà a rimanere senza il suo pubblico e che era necessario rimanere uniti e solidali tra colleghi, Alessio Perniola di Multiversi ha inventato il primo Festival di divulgazione scientifica completamente online. Qui trovate il profilo Instagram, qui il canale Youtube e qui la pagina Facebook.
A partire da questa idea, gli organizzatori hanno pubblicato velocemente un bando di partecipazione. Tutta la preparazione, sia degli organizzatori che dei partecipanti, è stata una divulgazione scientifica di emergenza! Abbiamo avuto solo pochi giorni per presentare un’offerta. Io ho partecipato proponendo una serie di video sulla storia di 5 donne scienziate. Ci sono state centinaia di proposte, fortunatamente la mia è stata accettata, quindi ho dovuto produrre i video in pochi giorni, il che non è stato facile per me!
(Potete vedere i video sul mio canale Youtube)
Era la prima volta che creavo video. Sono uscita dalla mia comfort zone e ho accettato di pubblicare qualcosa di tutt’altro che perfetto, ma che poteva probabilmente offrire un momento piacevole a qualcuno in questo periodo difficile. Inoltre ho chiesto l’aiuto di due colleghe che stimo: Derbilia Russo, studentessa di biotecnologie e youtuber (il suo canale, chiamato Cittadino salentino, parla di Xylella fastidiosa) che si è occupata del montaggio e Silvia Franceschini, divulgatrice in matematica e artista (avevamo già collaborato per il mio articolo su Lise Meitner) che ha disegnato i ritratti delle scienziate. Penso che il pubblico abbia apprezzato il contenuto e la reattività e mi abbia perdonato per le imperfezioni tecniche.
Sono felice che altri colleghi, più attivi in scuole e teatri che online, siano arrivati alla mia stessa conclusione: era il momento di lanciarsi! Perché è vero che noi divulgatori siamo abituati ad essere elastici e a improvvisare, ma stavolta per molti di noi il grado di improvvisazione è stato grande… Alla fine di questa esperienza, molto riuscita, credo che siamo tutti d’accordo nel dire che ne valeva la pena!
Il festival si chiamava Science Web Festival. Le proposte erano molto varie: c’erano esperimenti scientifici online per bambini, storie raccontate in video (come nel mio caso), testi, disegni, dirette. C’erano anche due mini-notiziari: uno al mattino che parlava di biodiversità e cambiamenti climatici e un altro alla sera per dare un aggiornamento il più possibile non allarmistico sulla situazione della pandemia. Non ho ancora i dati sulle presenze del pubblico ma l’account Instagram del festival ha quasi 23.000 follower.
Sappiamo che è stato seguito da un certo numero di persone che non si interessano alle scienze abitualmente. Un esempio personale: alcuni dei miei amici, che conosco da anni, mi hanno detto per la prima volta: “Ma che bello il tuo lavoro!”. Inoltre la comunità dei divulgatori ne è uscita rinsaldata e si sono create nuove collaborazioni.