Risposta alla lettera di una giovane dottoressa che vuole provare a fare questo mestiere. Intervista multipla a 4 divulgatori scientifici.
Buongiorno Ludmilla,
ho appena finito il dottorato in chimica quantistica e cerco di capire cosa mi piacerebbe fare di lavoro. La divulgazione e l’animazione scientifica mi piacciono molto e cerco di saperne un po’ di più su questi mestieri. Volevo sapere se potevi darmi qualche informazione (ad esempio qualche dettaglio sugli inizi del tuo percorso, sulle difficoltà del mestiere ecc.) e forse qualche consiglio prima di buttarmi. Ti ringrazio in anticipo della risposta che mi darai se hai un po’ di tempo. Eleonora.
Cara Eleonora,
grazie per la tua mail. Mi offri l’opportunità di parlare del mio mestiere. Si tratta di una professione stimolante che amo molto, ma che è abbastanza nuova e sconosciuta ai più. Il contesto professionale non è semplice e la carriera non è “lineare” come potrebbe essere quella di ingegneri, infermieri, professori, idraulici ecc.
Ho chiesto a qualche collega di aiutarmi a risponderti. Ecco cosa ne è uscito, in 10 domande/risposte. Spero che ti possa essere d’aiuto.
1) Come sei diventato/a divulgatore/trice scientifico/a?
L : Ho iniziato al festival della scienza, un po’ per caso un po’ per sfida.
G : Grazie a una serie di circostanze fortuite: una professoressa illuminata all’Università, la Notte Europea dei Ricercatori, un’associazione che cercava biologi per un evento divulgativo, il Bioparco di Roma, colleghi motivati. E poi lo scoutismo, a cui devo tantissime cose: dalla formazione del carattere allo sviluppo dei talenti.
V : Studiavo cetologia, la scienza che studia i cetacei, ma nel mentre dovevo sopravvivere, quindi ho iniziato a lavorare come educatrice ambientale nei campi estivi. In seguito ho svolto uno stage al Museo Nazionale dell’Antartide di Genova che prevedeva proprio la creazione di un laboratorio didattico. Da lì alle visite guidate del museo e al lavoro al festival della scienza il passo è stato breve.
P : Al secondo anno di università ho seguito il corso “Laboratorio di Divulgazione di Astronomia”, perché era uno dei pochi esami a scelta nel campo dell’astronomia/astrofisica. Finito il corso sono stato chiamato a lavorare come guida scientifica nel museo didattico Astrolab, all’Osservatorio Astronomico di Roma.
2) Hai una formazione universitaria?
L : Sì, sono laureata in Scienze Geologiche con la laurea vecchio ordinamento, corrispondente alla laurea magistrale di ora mi dicono.
G : Sì, sono laureato in Ecologia ed Evoluzione (Scienze Biologiche). Dopo un anno di assegno di ricerca post-laurea, ho abbandonato quella strada per dedicarmi solo alla divulgazione scientifica.
V : Sì, ottenuta con molta fatica dato che studiavo e lavoravo. Ho completato il ciclo di studi universitario con una laurea specialistica in Scienze Ambientali Marine.
P : Sì, laurea magistrale in Fisica, con indirizzo Astrofisica e un Master in Scienza e Tecnologia Spaziali in dirittura d’arrivo.
3) Hai frequentato una formazione specifica (master in comunicazione della scienza o simili)?
L : Ho frequentato l’EASE (European Academy For Scientific Explainers) una formazione di una settimana, organizzata dal Festival della Scienza.
G : Ho seguito corsi da guida ambientale, di didattica della biologia e il primo corso italiano per animatori scientifici, nel 2012, al Bioparco di Roma. In seguito ho frequentato l’EASE. Nessuno di questi corsi è stato determinante per la mia formazione. Per quanto siano stati stimolanti, ho imparato molto di più con il confronto tra colleghi e con l’esperienza sul campo.. Ho scelto di non seguire alcun master, perché tutti quelli che ho trovato erano orientati al giornalismo scientifico, al blogging e alla radio. Tutte forme di comunicazione che non mi interessavano. In Italia, che io sappia, non esiste alcuna scuola specializzata per animatori e divulgatori scientifici.
V : Ho frequentato un corso di formazione organizzato dal Festival della Scienza di Genova che si chiama EASE e nient’altro. Mi avrebbe fatto piacere frequentare il Master in Comunicazione della Scienza della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, ma ho scoperto troppo tardi la sua esistenza.
P : Non inizialmente, il corso fatto in Università era molto generico. Nel corso degli anni ho però approfittato di ogni occasione per continuare ad apprendere nel campo della comunicazione. L’ultima è stata l’EASE, a cui ho partecipato in occasione del Festival della Scienza a Genova.
4) Dove e per chi lavori? (associazione, università ecc.)
L : Al momento lavoro un po’ per chi mi chiama. Quest’anno ho collaborato con l’Acquario di Genova, il Museo dell’Antartide, il CNR, il Festival della Scienza e l’Ordine dei geologi della Liguria.
G : Sono il presidente di un’associazione specializzata in didattica della biologia e dell’ecologia. Si chiama G.Eco. L’ho fondata insieme ad altri 4 colleghi universitari. Attualmente siamo rimasti in tre, e lavoriamo a tempo pieno, ma molti ragazzi collaborano con noi saltuariamente. Tutti gli altri lavori che facevo al di fuori dell’associazione li ho abbandonati o convogliati in essa.
V : Questa è una domanda difficile da porre a chi fa il mio lavoro… Siamo abituati a rincorrere festival lungo la penisola e anche oltre! L’anno scorso ho fatto il giro d’Italia grazie a un progetto didattico. Quest’anno invece ne sto seguendo uno che tocca solo le scuole genovesi. Insomma la risposta a “dove?” credo sia “ovunque ci sia utilità e possibilità”. Per chi? Anche questo elemento varia molto. Negli anni, ho lavorato per associazioni, cooperative, agenzie di marketing o di comunicazione, eventi, enti statali e privati, scuole, festival, musei e chi più ne ha più ne metta.
P : Lavoro per varie associazioni scientifiche a Roma e dintorni: ScienzImpresa, Coopculture e SpeakScience. Si tratta di lezioni nelle scuole o eventi per un pubblico generico. Inoltre continuo a collaborare con l’Osservatorio Astronomico di Roma e occasionalmente con l’Università di Tor Vergata, con l’Istituto di Astrofisica e Planetologia e con l’Agenzia Spaziale Europea.
5) Quali sono i lati positivi e le soddisfazioni di questo mestiere?
6) Quali sono le difficoltà di questo mestiere?
L : Indubbiamente il contatto con le persone. Entrare in empatia con il pubblico è la difficoltà maggiore. La preparazione scientifica a monte non serve a nulla in questo mestiere se non si riesce ad entrare in contatto profondo con le conoscenze pregresse del pubblico e con le sue aspettative.
G : Due: riuscire a viverci e la bassa qualità del mercato.
1) Non è facile vivere con questo mestiere. Ci sono due alternative secondo me: trovare una o più realtà che ti assumano o metterti in proprio. Nel primo caso, è difficilissimo trovare un ente che ti assuma a tempo indeterminato. Probabilmente, lavorerai saltuariamente e nei periodi di alta stagione, dovendoti barcamenare tra più realtà.
Nel secondo caso, preparati a investire almeno tre anni della tua vita nel progetto. Dovrai lavorare tanto ed essere ricompensato poco. I primi frutti li raccoglierai dopo almeno un paio d’anni.
2) Non è facile fare una bella mostra, un laboratorio che sia valido dal punto di vista didattico, una dimostrazione interessante. Questo è un lavoro difficile che si affina con gli anni. Fare divulgazione scientifica di qualità non significa far divertire il pubblico, ma fargli capire qualcosa, secondo me. Ci sono molte persone che si approcciano a questo lavoro senza esperienza. Alcune partono dalla spettacolarizzazione e tralasciano la sostanza. Questo comporta una saturazione del mercato, un abbassamento dei costi e una generale mancanza di riconoscimento della professione, dato che chiunque potrebbe improvvisarsi animatore/divulgatore.
V : La prima difficoltà che mi viene in mente è che per lo più non è un mestiere “fisso”, anche se so che esiste chi è riuscito a raggiungere questa meta. Si vive sempre nell’incertezza, sperando che quando finirà il progetto a cui stai lavorando ne inizi un altro. In questo modo risulta molto difficile progettare una vita adulta ed è la cosa che attualmente mi pesa di più. Altra difficoltà: gli orari in continuo cambiamento (a seconda del progetto, della città, della scuola) oppure il fatto di dover star via da casa, a volte per molto tempo. Per quanto siano belle le trasferte, arriva sempre un momento in cui il tuo sogno è il tuo divano. Poi c’è anche la questione dei pagamenti, ma ne parliamo dopo…
P : La principale è farlo diventare un lavoro vero e proprio, di quelli che ti permettono di mantenerti. Non è facile trovare delle posizioni stabili, in cui poter portare avanti un progetto a lungo termine. Si parla sempre di collaborazioni, rimborsi spese e altre tipologie di contratto insolite. Manca il riconoscimento come professione a quasi tutti i livelli. Mi è capitato di sentirlo paragonare, dagli stessi datori di lavoro, al dare ripetizioni, come se fosse un lavoretto da doposcuola.
7) Si guadagna bene?
L : Ah ah ah. No. Spesso non si guadagna nemmeno.
G : No. Non ancora. Le scuole e i genitori sono restii a pagare per servizi “extra” durante l’orario scolastico. I privati sono più interessati, ma è molto difficile farsi trovare. Ci sono rari casi di compensi buoni, società private che ti assegnano un progetto ben retribuito sull’animazione scientifica o sull’ideazione di un’attività. Ma la progettazione dei laboratori non viene (ancora) adeguatamente riconosciuta. Tuttavia, ci sono ampi margini di miglioramento.
V : No, no e poi no. L’ho già detto no? Ci sono progetti pagati meglio e progetti pagati peggio ma in generale il lavoro non è pagato bene. Soprattutto se è a tuo carico anche l’ideazione dell’attività. È difficile far capire a chi paga che per quelle due ore passate con una classe, tu hai passato giornate a pensare cosa fare, informandoti sui contenuti, studiando attività adatte e coinvolgenti, comprando il materiale, facendo disegni, scrivendo i testi. Nel prezzo bisognerebbe anche valutare le competenze scientifiche, la formazione e l’esperienza. Non ci si improvvisa oratori, un discorso o un’animazione si preparano! Inoltre è molto comune che questi lavori vengano pagati con mesi di differenza e al giorno d’oggi non è facile vivere così.
P : Si potrebbe guadagnare bene, se si riuscisse a fare con continuità.
8) C’è stata una progressione nella tua carriera e di che tipo? (per esempio da animatore scientifico sono diventato divulgatore, formatore, responsabile di progetto; da precario ho trovato un posto fisso, ecc.)
L : Si c’è stata. Durante gli anni di collaborazione col CNR, nel progetto Matefitness, ho avuto la possibilità di sperimentare nuove proposte ideate da me e da alcuni colleghi. La vera svolta c’è stata questo anno durante il quale (finalmente) sono riuscita a collaborare con i Geologi professionisti sulla divulgazione della geologia. Spero che questa collaborazione porti lontano.
G : Ho iniziato come “assistente didattico” al Bioparco di Roma e con altre piccole esperienze. Ho cominciato quasi da subito a progettare attività e questo, tra le altre cose, ha portato alla fondazione della mia associazione. Questa è cresciuta molto negli anni e attualmente stiamo formando nuovi operatori didattici per svolgere le nostre attività. Ho cominciato facendo tutto, dalla progettazione alla contabilità, dall’animazione scientifica alla grafica. Ora noi fondatori stiamo cercando di dedicarci più al lavoro “dietro le quinte” e delegare il lavoro “con il pubblico” alle nuove leve, così da poter portare avanti progetti più ambiziosi.
V : In un certo senso sì, ma non è riconosciuta da nessun titolo. Ho iniziato facendo l’animatrice scientifica/educatrice ambientale, cioè dando voce ad attività pensate da altri. Oggi progetto io le attività e ne sono responsabile (non tutte eh!), scrivo testi per laboratori, workshop e campi estivi a tema scientifico.
P : Sì c’è stata sicuramente, soprattutto da un punto di vista delle competenze acquisite. Ho iniziato come animatore: mi veniva dato tutto pronto e dovevo solo divulgare. Poi sono passato a lavorare con le scuole: ero io a scegliere, a secondo della classe, come articolare il percorso per arrivare all’obiettivo didattico. In seguito ho cominciato a organizzare la parte didattica dei corsi, a progettare eventi, a realizzare contenuti e materiali, lavorando anche dietro le quinte.
9) Come immagini il tuo futuro, l’evoluzione della tua carriera?
L : Immagino di fare esattamente quello che sto facendo ora, la mamma e la divulgatrice, due ruoli che riescono a sposarsi bene e mi permettono di realizzare ogni mia ambizione. Il mio sogno sarebbe di occuparmi a tempo pieno della geologia. Pensandoci bene però, mi mancherebbe un po’ il fatto di spaziare nelle varie materie da divulgare.
G : La mia associazione diventerà una società e le dedicherò tutto il mio tempo lavorativo, perché è come una figlia. Sono anche autore di libri e continuo a scrivere come attività secondaria. Vorrei creare una rete italiana di divulgatori scientifici (per ora abbiamo un gruppo Facebook). Penso che a piccoli passi, magari anche con questa intervista, ci stiamo già lavorando.
V : Sono alla perenne ricerca di un posto fisso nel mio campo: magari non fisso fisso come quello che potevano intendere i nostri genitori, ma almeno che mi dia una previsione di futuro che vada più in là dei sei mesi. So di avere le carte in regola per trovare quel posto, basta avere pazienza e un bel po’ fortuna.
P : Mi piacerebbe poter realizzare un progetto a lunga scadenza, creare qualcosa per rendere la scienza fruibile al grande pubblico. Il sogno sarebbe poter gestire una struttura museale di qualche tipo in cui poter convogliare tutta l’esperienza maturata.
10) Cosa diresti a un giovane che vuol fare il tuo mestiere?
G : Devi capire due cose fondamentali prima di iniziare seriamente la professione e investire tempo:
A) Ti piace stare a contatto con il pubblico? Parlare a una folla e potenzialmente stare al centro dell’attenzione? Ti diverte?
B) Se hai già provato, sei riuscito a trasmettere al pubblico ciò che ti appassiona? L’attenzione è rimasta alta? I bambini ti hanno ringraziato e salutato con entusiasmo quando sono partiti? Gli adulti ti hanno fatto domande e stretto la mano?
Se la risposta a queste due domande è “Sì”, allora comincia. Emergerai, perché il talento emerge, prima o poi. Se non hai mai fatto questo lavoro prova a iniziare, anche come volontariato. Non è facile all’inizio ma si migliora con l’esperienza. Se invece hai qualche dubbio, puoi provare qualche altra strada per comunicare la scienza. Magari sei un fantastico scrittore, giornalista, fotografo, professore e non l’hai ancora scoperto.
V : A questo non ho mai pensato…gli direi che è il mestiere più bello del mondo, perché potrà continuamente conoscere persone, luoghi e culture. Ma se quello che si aspetta è un lavoro senza rischi e scomodità, allora non fa per lui. Gli direi di guardare dentro di sé e chiedersi se è pronto a essere costantemente in formazione. In questo mestiere non si smette mai di imparare, che si tratti di contenuti, strategie di gruppo, modi di usare la voce e il corpo o manualità con i materiali. Buona fortuna!
P : Che ci vuole tanta passione per questo mestiere, perché aiuta a superare tutte le difficoltà che si possono incontrare. Serve anche tanto impegno perché il ruolo è davvero importante, specialmente in Italia, dove la cultura scientifica sta pian piano svanendo. E infine che serve tanta perseveranza per riuscire, ma che le soddisfazioni che può dare questo tipo di lavoro sono davvero speciali.
Qualche conclusione
Come prima cosa, vorrei sottolineare che si tratta, in questa intervista, dell’esperienza di 4 persone (e di molti loro colleghi…). Esistono sicuramente esperienze diverse, se è il vostro caso scrivetelo nei commenti!
Se la situazione può sembrare un po’ scoraggiante, è perché si tratta di un mestiere in divenire. Mi sembra che le cose stiano un po’ evolvendo ultimamente, grazie alla nascita di master in comunicazione scientifica e reti internazionali. La consapevolezza che musei, science center, università e scuole hanno bisogno di professionisti della divulgazione dovrebbe assicurare, ai giovani che iniziano oggi questo mestiere, una carriera un po’ più “inquadrata” e un po’ più di stabilità.
Ma non ci siamo ancora.
Personalmente, per poter fare questo lavoro a tempo pieno, sono venuta in Francia qualche anno fa. Vedo che oggi la “fuga” all’estero alla ricerca di un riconoscimento (e anche di uno stipendio!) continua ancora.
Non ci resta che sperare che in futuro ci sia abbastanza lavoro per tutti quelli che vogliono diventare divulgatori scientifici. Altrimenti ci sono altri modi di divulgare la scienza: il giornalismo, il blogging, i fumetti, i video, il teatro, la radio o l’umorismo.
Parole e titoli
In lingua francese, benché la confusione tra mestieri simili rimanga, ci sono parole diverse per indicare chi “anima” attività scientifiche e lavora a contatto diretto col pubblico (médiateurs=mediatori) e chi scrive libri o articoli di scienze per un pubblico non esperto (vulgarisateurs=divulgatori). In lingua inglese si parla di science writer (per chi scrive) e science explainer (per chi spiega). In Italia c’è una parola sola, ma i mestieri sono diversi. Riflettiamoci.
Ah e a proposito di parole… posso dire che edutainment (parola formata da education + entertainment) è la parola a mio avviso più brutta che sia mai stata coniata?
Bonus
Cari colleghi, vi è mai successo di trovarvi nelle situazioni seguenti? (fumetto ispirato alle mie vicende personali e disegnato da Mirko)
Prima di partire, partecipate al sondaggio sui divulgatori scientifici!
Qui altre riflessioni sul nostro mestiere.
Magnifiche interviste, e fantastiche risposte dei 4 intervistati.
Sono “una del mestiere”, e concordo su tutto. Ho partecipato a creare la prima edizione dell’EASE, durante la mia partecipazione al progetto Esciential I.E. al Festival del 2006, (capofila l ‘ ex INFM assieme alla associazione festival della Scienza), e sono per questa molto contenta che si sia consolidato negli anni a venire, e che abbia portato tante persone ad interessarsi di divulgazione scientifica, il mestere piu’ bello che si possa immaginare, come giustamente ha detto uno dei ragazzi/e intervistati.
Grazie della tua testimonianza Silvia! Mi fa piacere che l’articolo ti sia piaciuto. Speriamo che la condizione lavorativa dei divulgatori vada sempre migliorando.
Per Eleonora
Se ti piace il contatto col pubblico e ti vuoi mettere in gioco, prova pure.
Devi trovare i canali giusti per fare tutto ed avere margini economici per preparare attività che richiedono del tempo, spesso molto tempo.
Siceramente preferirei che il Paese Italia potesse finanziare qualche tuo modello di chimica quantistica per scoprire qualche materiale innovativo( capendo con un tuo progetto di divulgazione di cosa si tratti) piuttosto che vederti lanciata in un mestiere molto poco retribuito.
Anche la principale tendenza dei festival della scienza è più quella di sensibilizzare i futuri ricercatori e studenti alla divulgazione, piuttosto che costruire una vera rete professionale di divulgatori( con la divulgazione si aiuta la ricerca, ma nn direttamente la professione di divulgazione).Non esistono corsi, nn esiste un albo professionale, nn esistono tutele lavorative, non ci sono piattaforme di finanziatori per il settore.
Ti/vi faccio una domanda.Sei curiosa di nanotecnologie ed hai solo 5€ a disposizione.Sceglieristi di approfondire l’argomento su;
1) un libro scritto da Piero Angela, costo 3€
2)un libro scritto dall’attuale direttore dell’Istituto nazionale di nanotecnologia, costo 4€
3) un e-book gratuito scaricabile dalla rete e scritto da un professore universitario( esperto sull’argomento) andato in pensione da un anno?
4) un laboratorio interattivo in grado di farti toccare con mano questi nanomateriali, costo 5€?
Ecco , io credo che le persone tenderebbero a colmare le proprie curiosità con la 3), visti i tempi.
Tutto questo per dire, dalla mia esperienza, che ci sono anche comunità di divulgatori nn con pari opportunità: questo complica notevolmente le cose( e potrei dire, il mercato)!!
Ti ringrazio per questi spunti di riflessione Riccardo. Per quanto riguarda una rete professionale di divulgatori qualcosa si sta muovendo. Proprio in questi giorni si sta svolgendo un incontro tra divulgatori scientifici in Piemonte, organizzato dall’Associazione Frame: garda qui http://www.follediscienza.it/
Ció che ho letto è molto interessante e rispecchia la realtà che vivo da qualche anno.
Io sono biotecnologa vegetale, alimentare ed agroambientale: progetto ed attuo laboratori per scuole medie e superori, ma vorrei crescere professionalmente in questo settore.
Come si fa a creare una rete di collaborazioni?
E la formazione? Festival delle Scienze è l’unico canale?
Cara Benedetta, ti invito a iscriverti al gruppo Facebook Divulgatori scientifici, dove discutiamo di tutto questo https://www.facebook.com/groups/189314067769793/